XXXI. È possibile, non pertanto, che, malgrado i predetti argomenti, una proposta di aprire pratiche con Giacomo sarebbe stata fatta nella Convenzione e sostenuta da' Tory, ove egli in questa, come in qualsivoglia altra occasione, non fosse stato il peggiore nemico di sè stesso. Ogni corriere postale che giungeva a Londra da Saint-Germain, recava nuove tali da intiepidire lo ardore de' suoi partigiani. Ei non credeva valesse lo incomodo simulare rincrescimento de' passati errori o promessa di emendarsi. Pubblicò un Manifesto, nel quale diceva avere sempre posto ogni cura a governare con giustizia e moderazione i suoi popoli, e che essi ingannati da immaginari aggravi erano corsi da sè alla rovina(1294). La sua demenza ed ostinazione fece sì che coloro i quali più ardentemente desideravano riporlo sul trono ad eque condizioni, comprendessero che, proponendo in quel momento d'aprire pratiche con lui, danneggerebbero la causa che volevano propugnare. Deliberarono quindi di collegarsi con un'altra fazione di Tory capitanata da Sancroft. Questi credè avere trovato modo di provvedere al governo del paese senza richiamare Giacomo, non privandolo ad un tempo della sua Corona. Questo modo altro non era che istituire una Reggenza. I più ostinati di que' teologi che avevano inculcata la dottrina della obbedienza passiva non avevano mai sostenuto che siffatta obbedienza si dovesse prestare ad un bambino o a un demente. Era universalmente riconosciuto che, quando il legittimo Sovrano fosse intellettualmente incapace di esercitare il proprio ufficio, poteva deputarsi alcuno ad agire in sua vece, e che chiunque resistesse a cotesto deputato, e per iscusa allegasse il comando di un principe in fasce o demente, incorrerebbe giustamente nelle pene della ribellione.
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