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      Guglielmo, a nome della Principessa d'Orange sua consorte, aveva solennemente dimandata una inchiesta, la quale sarebbe stata instituita se gli accusati di frode non si fossero appigliati ad un partito, che in qualunque caso ordinario sarebbe stato considerato come prova decisiva della colpa. Senza aspettare l'esito di un solenne processo parlamentare, se n'erano fuggiti in paese straniero, secoloro conducendo lo infante, e le cameriste francesi e italiane, le quali, ove ci fosse stato frode, avrebbero dovuto saperla, e quindi sarebbero state sottoposte a rigoroso controesame. Era impossibile ammettere il diritto del fanciullo senza avere compita la inchiesta; e coloro che si dicevano suoi genitori avevano resa ogni inchiesta impossibile. Era quindi mestieri reputarlo condannato in contumacia. Se ei pativa ingiustizia, ne avea colpa non la nazione, ma coloro la cui strana condotta al tempo della nascita di lui aveva giustificato la nazione a domandare una inchiesta, alla quale si sottrassero con la fuga. Per le quali cose poteva a buon diritto considerarsi come pretendente; e in tal modo la Corona rimaneva devoluta alla Principessa d'Orange. Essa era adunque di fatto Regina regnante. Alle Camere altro non rimaneva a fare che proclamarla. Ella poteva, se cosė le piacesse, nominare primo ministro il marito, e anche, assenziente il Parlamento, conferirgli il titolo di Re.
      Coloro, che preferivano questo disegno a qualunque altro, erano pochi; ed era sicuro che verrebbe avversato da tutti quei che tuttavia serbavano qualche affetto per Giacomo, e da tutti i partigiani di Guglielmo.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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