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      I Whig rispondevano essere scempiezza applicare le regole ordinarie ad un paese in istato di rivoluzione, la gran questione non doversi decidere coi dettati de' pedanti curiali, e dovendosi a quel modo decidere, quei dettati potersi da ambe le parti addurre. Se era massima di legge che il trono non poteva essere giammai vacante, era parimente massima di legge che un uomo non poteva avere un erede, che, lui vivente, succeda. Giacomo era vivente. In che modo adunque la Principessa d'Orange poteva ella succedergli? Vero era che le leggi dell'Inghilterra avevano pienamente provveduto alla successione nel caso in cui il potere d'un sovrano e la sua vita naturale finissero ad un tempo, ma non avevano provveduto pe' casi in cui il suo potere cessasse innanzi ch'egli finisse di vivere; e la Convenzione ora doveva risolvere uno di questi rarissimi casi. Che Giacomo non possedeva pių il trono, ambedue le Camere avevano dichiarato. Nč il diritto comune nč gli statuti designavano individuo alcuno che avesse diritto ad ascendere sul trono nel tempo che intercedeva tra la decadenza del Re e la sua morte. Ne seguiva dunque che il trono era vacante, e che le Camere potevano invitare il Principe d'Orange ad ascendervi. Ch'egli non fosse il pių prossimo erede nell'ordine della discendenza, era vero: ma ciō non nuoceva punto, anzi era un positivo vantaggio. La monarchia ereditaria era una buona istituzione politica, ma non era in nulla pių sacra delle altre buone istituzioni politiche. Sventuratamente i bacchettoni e servili teologi l'avevano fatta diventare mistero religioso, imponente e incomprensibile quasi al pari della transustanzazione.


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Storia d'Inghilterra
di Thomas Babington Macaulay
Editore Felice Le Monnier Firenze
1859 pagine 1707

   





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