XLI. Ma quantunque i Whig fossero pienamente deliberati di mantenere l'ordine e rispettare la libertà de' dibattimenti, erano parimente determinati di non fare alcuna concessione. Il sabato, 2 febbraio, i Comuni senza votazione decisero di starsi fermi nella forma primitiva della loro deliberazione. Giacomo, come sempre, venne in aiuto de' suoi nemici. Era pur allora arrivata a Londra una lettera di lui diretta alla Convenzione. Era stata trasmessa a Preston dallo apostata Melfort, il quale era grandemente favorito in Saint-Germain. Il nome di Melfort era in abominio ad ogni Anglicano. L'essere egli ministro confidente di Giacomo bastava a dimostrare che la costui demenza ed ostinatezza erano infermità incurabili. Nessun membro dell'una o dell'altra Camera si rischiò a proporre la lettura di un foglio che veniva da quelle cotali mani. Non per tanto il contenuto era ben noto alla città tutta. La Maestà Sua esortava i Lordi e i Comuni a non disperare della sua clemenza, e benevolmente prometteva di perdonare coloro che lo avevano tradito, tranne pochi ch'egli non nominava. Come era egli possibile fare alcuna cosa a pro d'un Principe, il quale, vinto, abbandonato, bandito, vivente di limosine, diceva a coloro che erano arbitri delle sue sorti, che ove lo ponessero nuovamente sul trono, non impiccherebbe che pochi di loro?
XLII. La contesa tra le due Camere durò alcuni altri giorni. Il lunedì 4 di febbraio i Pari deliberarono d'insistere sulle loro modificazioni: ma fu messa nel processo verbale una protesta firmata da trentanove membri(1317). Il giorno dopo i Tory pensarono di far prova della forza loro nella Camera Bassa; vi concorsero assai numerosi, e fecero la proposta di assentire alle modificazioni de' Lordi.
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