In poche ore la Dichiarazione fu finita e approvata dai Comuni. I Lordi vi assentirono con qualche modificazione di poco momento(1332).
XLIX. La Dichiarazione incominciava riepilogando gli errori e i delitti che avevano resa necessaria la rivoluzione. Giacomo aveva invaso il campo del Corpo Legislativo, trattato come delitto una modesta petizione, oppresso la Chiesa per mezzo di un tribunale illegale, senza consenso del Parlamento imposto tasse e mantenuto in tempo di pace un esercito stanziale, violato la libertà delle elezioni, e pervertito il corso della giustizia. Questioni che poteva legittimamente discutere il solo Parlamento erano state subietto di persecuzione nel Banco del Re. Erano stati eletti Giurati parziali e corrotti; estorti ai prigioni eccessivi riscatti; imposte multe eccessive; inflitte barbare e insolite pene; le sostanze degli accusati tolte a questi, e innanzi che fossero dichiarati rei convinti, date ad altrui. Colui, per autorità del quale s'erano fatte tali cose, aveva abdicato il Governo. Il Principe d'Orange, fatto da Dio glorioso strumento a liberare il paese dalla superstizione e dalla tirannide, aveva invitato gli Stati del reame a ragunarsi e consultare intorno al modo di assicurare la religione, la legge e la libertà. I Lordi e i Comuni dopo matura deliberazione aveano innanzi tutto, secondo lo esempio degli avi, rivendicato i vetusti diritti e le libertà della Inghilterra. Avevano quindi dichiarato che la potestà di dispensare dianzi usurpata ed esercitata da Giacomo non aveva esistenza legale; che senza l'autorizzazione del Parlamento il Sovrano non poteva esigere danaro dal suddito; che senza il consenso del Parlamento non poteva mantenersi esercito stanziale in tempo di pace.
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