te di Roma era giunta ad esercitare negli affari politici d'Europa, nel secolo XV, quasi ogni sovrano fece di tutto per procurare qualche seggio nel sacro collegio, ai suoi più stretti parenti, o a qualcuno de' propri sudditi; e questo veniva generalmente ottenuto, col dono dei più ricchi benefici del regno a quelli che per posizione, o aderenza, erano più degli altri atti a servire alle sue mire. Non v'era stato, o città in Italia che per questa ragione non dipendesse dalla corte pontificia; nè un principe, o una gran famiglia, che non avesse qualcuno dei parenti in cariche dipendenti da essa. La maggior parte dei dotti godevano di benefizj, o di pensioni su i benefizj. L'Italia era la terra dei preti. Quantunque gli stati della Chiesa, propriamente così chiamati, anche dopo che erano stati ampliati dal bellicoso Giulio, fossero circoscritti da angusti limiti, tuttavia i pontefici avevano preso cura di conservare il loro sovrano potere [38] sopra quei distretti, o città, che si ritirarono dal loro governo, trasferendo il potere su di essi a particolari famiglie, sotto il titolo di vicarj della Chiesa. In verità, esistevano in Italia pochi paesi, sopra i quali, in un momento, o nell'altro, non avessero i papi affacciate delle pretensioni, in forza di sopposte concessioni o privilegi (39). Bastava che un principe avesse dimostrato una tendenza ad allontanarsi dalla sede di Roma per risuscitare nel papa le solite sue antiche pretensioni, e fargli lanciare la sentenza di scomunica, e confiscare i beni, a favore del patrimonio della Chiesa, o conferirli a qualche vicino, rivale dell'eretico ribelle.
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