Nella storia letteraria d'Italia, relativa ai primi periodi del secolo XV, si parla di molte persone come dotte nelle lingue araba, ed [53] ebraica. Fra quei che più si distinsero, fu Giannozzo Manetti, fiorentino, che pubblicò un Salterio in tre lingue, contenente una traduzione latina, fatta da se stesso dall'originale (62). Ma lo studio della lingua ebraica in Italia, propriamente parlando, fu contemporaneo alla stampa delle Scritture ebraiche, e fu agevolato dalle misure di rigore adottate da Ferdinando, e da Isabella, ad instigazione degli inquisitori, contro gli Ebrei, le quali costrinsero molti di quella nazione ad emigrare da Spagna; e passare in Italia, dove, per motivi di lucro, furono ben accolti dai papi (63). Gio. Pico, conte della Mirandola, e di Concordia, fu uno dei primi fra i suoi contemporanei versati nelle lingue orientali. Dell'entusiasmo, con cui questo prodigio di erudizione si applicò allo studio delle Lingue ebraica, caldaica, araba, ne fanno indubitata fede le sue lettere (64); e giudicando da suoi scritti, il progresso che fece nella prima di queste lingue fu considerabile (65). I nomi de' suoi precettori sono Jochana, e Mitridate: quest'ultimo si ricusò d'insegnarli la [54] lingua caldaica finchè non ebbe ricevuto da lui formale giuramento, che non l'avrebbe insegnata ad alcuno (66). Questo entusiastico scrittore fu ingannato da alcuni Ebrei, che frequentavano la sua casa, i quali gli fecero ricevere, come opere genuine di Zoroastro, o di altri dottori orientali, certi manoscritti probabilmente rabbinici (67). Lo stesso accadde al suo contemporaneo, e compatriotta Nanni o Annio di Viterbo, che pubblicò un numero di opere favolose come produzioni autentiche di Beroso, Manetone, Fabio Pittore, Archiloco, Catone e Metastene; sembra però più probabile, ch'egli fosse la vittima d'altrui, e della sua credulità, piuttosto che avesse egli stesso praticata una frode, che gli sarebbe costata immensa fatica, e immenso sapere di scritti orientali, quanti si può appena supporre che in quella età potessero sapersi da un Europeo (68). Francesco Pico della Mirandola aveva ereditato dallo zio il gusto per la letteratura ebraica, ed altri dotti sorsero poscia, che la coltivarono, per verità non con maggior zelo, ma certamente con maggior successo.
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