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      Le truppe che Carlo V condusse dalla Germania per le sue spedizioni d'Italia, e gli Svizzeri ausiliarj, che seguirono lo stendardo del suo nemico Francesco I, contenevano molti protestanti (109). Questi uomini con la franchezza di chi ha la spada alla mano conversavano liberamente su materia di religione cogli abitanti, presso cui venivano alloggiati. Esaltavano la [72] libertà del culto, che godevano ne' loro paesi; si beffavano dell'idea spaventosa, che i preti avevano suscitata nelle menti del popolo sopra i riformatori; parlavano con calore di Lutero, e de' suoi colleghi, come dei ristoratori della religione; mettevano in contrasto la purità della vita, la piccola rendita di quelli; colle ricchezze, e colla lussuria dei loro oppositori, e manifestavano la loro maraviglia, che un popolo di tanto spirito, come l'Italiano, continuasse a piegare il collo sotto il giogo d'un indolente e corrotto pretismo, che solo aveva a cuore di tenerlo nell'ignoranza, onde nutrirsi delle spoglie della sua credulità. L'impressione che produssero tali ragionamenti sugli animi di tutti, fu rinforzata dai rabbiosi manifesti, che il papa, e l'imperatore pubblicarono l'uno contro l'altro. Clemente tacciò l'imperatore d'indifferenza verso la religione, e si lagnò fortemente che avesse pubblicate delle leggi, in varie parti de' suoi dominj, altamente ingiuriose agl'interessi della Chiesa, e offensive all'onore della santa sede. Carlo dall'altra accusava il papa di aver ridestata in Europa la fiamma della guerra, per sventare ciò, che universalmente, e ad alta voce si domandava, la riforma cioè della Chiesa, nel suo Capo e ne' suoi membri.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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