Allora, alzando la voce, disse; "Tutti coloro che aderiscono a queste cose, e le vogliono vedere eseguite, alzino le mani." Ai quali detti, tutti i soldati alzarono le mani gridando: "Viva lungamente papa Lutero! viva papa Lutero lungamente!" Tutto questo ebbe luogo sotto gli occhi di Clemente VII (112).
In tutte altre circostanze, un tal modo di procedere sarebbe stato riguardo come un eccesso sfrenato di licenza militare, e serebbe eccitata compassione verso il pontefice prigioniero. Ma allora ognuno era convinto che le guerre, che avevano per tanto tempo [76] devastata l'Italia, erano cagionate dall'ambizione, e dall'ira de' papi; e la condotta di Clemente, nel provocare un nemico formidabile, cui era incapace di resistere, sembrò essere l'effetto d'una cecità mandatagli da Dio. I disastri che oppressero la sede papale, e la città di Roma furono interpretati come segni della collera celeste; e quelli che ne furono gli strumenti furono riguardati come araldi impiegati a denunziare i giudizi di Dio contro una corte incorregibile, ed una città patentemente lorda d'ogni scelleragine. Questi non erano solamente i sentimenti del volgo, o di coloro già imbevuti dalle opinioni riformate; erano eziandio partecipate dai dignitari della chiesa romana, e accolti dentro le mura del Vaticano. Se ne ha una prova in un discorso tenuto da Staffilo vescovo di Sibari, nella prima riunione della rota apostolica, dopo la liberazione di Roma dalle armi straniere. Il vescovo, dopo aver descritto le devastazioni commesse nella città, prossegue così: "Ma donde, di grazia, procedono tanti mali? perchè mi sono accadute tante disgrazie?
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