Anche in Italia (dice lo storico del concilio di Trento, parlando di quell'epoca), siccome non v'era stato a Roma, nè papa, nè corte papale, per quasi due anni; e siccome la maggior parte degli uomini riguardò le calamità, che oppressero tanto l'uno che l'altra, come l'effetto della divina giustizia, per punire le corruzioni del suo governo, così molti davano facile ascolto alla riforma. In parecchie città, particolarmente a Faenza, che sta nel territorio papale, furono fatte delle prediche in case private contro la Chiesa romana; e il numero dei così detti luterani, o, come si chiamavano essi stessi, evangelici, s'accrebbe ogni giorno
(114). Che quelle prediche non si ristringessero solamente alle case private e che la dottrina riformata fosse pubblicamente predicata in Italia prima dell'anno 1530, è un fatto che rileviamo dalla più alta autorità. "Dalla relazione fattaci (dice papa Clemente VII) abbiamo saputo, con intenso dolore del nostro cuore, che in diverse parti d'Italia l'eresia pestifera di Lutero è giunta al più alto grado, non solo fra le persone secolari, ma [80] ancora fra gli ecclesiastici, ed il clero regolare, mendicanti, o non mendicanti, a segno tale, che co' loro discorsi, e con le loro conversazioni, e quel ch'è peggio, con le loro pubbliche prediche, infettano di questa peste una quantità di gente, arrecando grave scandalo ai fedeli, che vivono sotto l'obbedienza della Chiesa romana, e osservando le sue leggi; tutto sovvertendo a incremento dell'eresia, e sbigottimento de' deboli, e a sempre maggiore offesa della fede cattolica" (115). Queste apparenze, mentre spaventavano gli amici del papismo, facevano nascere delle belle speranze ne' petti di coloro, che avevano intrapresa la causa della riforma.
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