In questa situazione, chiunque avesse avuto minor forza e accortezza si sarebbe dato per perduto. Ma Curio, che aveva passati i primi anni in vicinanza delle carceri, immaginò un modo di fuggire, ciò che, col favor della Provvidenza, ebbe il suo pieno effetto. In quella immobile, penosa posizione, al nostro prigioniero si enfiarono i piedi e da questo stesso male egli tirò partito: coll'uso di commoventi espressioni, indusse il carceriere a sciogliergli per due o tre giorni il piede dritto. Allora con una sua scarpa, con un troncone di canna, e con quei cenci, che potè raccogliere, formò una gamba artificiale, che adattò al suo ginocchio dritto in guisa da poterla facilmente articolare. Ciò fatto, pregò la guardia che gli sciogliesse l'altro piede, e presentò il piede artificiale ai ferri, da cui fu cinto. Così, sciolto anche il piede sinistro, fu in istato di subito [122] camminare. Aspettò la notte, aprì a tentone la porta della camera, scese da una finestra, e scalate, non senza difficoltà, le mura della prigione, fuggì nel Milanese. Siccome, avanti di lasciar la carcere, cavò fuori da' ceppi il finto piede, e lo ridusse tutto in pezzi, così i suoi persecutori, incapaci di render ragione della sua fuga, sparsero la voce ch'era evaso per arte magica. Curio, informato di quella voce, pubblicò la storia di tutto l'avvenimento, in forma di dialogo, cosparsa di pungenti satiri su vari errori del papismo (185). Dopo essere rimasto alquanti mesi con la sua famiglia a Sale, remoto villaggio nel territorio di Milano, fu da' suoi vecchi amici tolto al suo ritiro, e collocato nell'università di Pavia.
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