(190). Fra questi si trovavano Ochino, e Martire, due uomini di cui stimo conveniente il dare un ragguaglio, siccome quei, che fortemente commovevano i loro concittadini, e si distinsero poscia nelle chiese riformate al di qua delle Alpi.
Bernardino Ochino, o Ocello, come qualche volta vien chiamato, nacque da oscuri parenti a Siena in Toscana, nel 1487. Sentendo, fin da' suoi più verdi anni, un profondo rispetto per la religione, si decise, secondo le idee di quei tempi per la vita monastica, e scelse l'ordine dei francescani osservanti, come il più austero fra tutti gli ordini dei chierici regolari. Per la stessa ragione l'abbandonò; e nel 1534, entrò nella religione de' frati cappucini, di recente stabilita sulle più rigide regole di santa vita, o piutosto di volontaria umiltà, e mortificazione (191). Nel suo monastico ritiro, [126] egli confessa, che aveva sfuggito quei vizj, da cui sarebbe stato contaminata la sua vita, se si fosse mescolato del mondo; e dagli studi inutili, sterili del chiostro, quali in realtà erano, raccolse alcune di quelle cognizioni che pure in seguito gli furono di qualche vantaggio (192). Ma si vide completamente deluso nelle sue speranze di guadagnarsi il cielo, scopo, che l'aveva indotto a scegliere un tenore di vita così duro, e così contrario alla natura umana. Ascoltiamo dalla sua stessa bocca i suoi sentimenti, e il cambiamento de' medesimi in riguardo alla religione: "Quando io era giovanetto, era dominato dal comun errore, di cui è resa schiava la mente di tutti coloro, che vivono sotto il giogo del perfido Anticristo; talmente che io pur credeva, che noi ci saremmo salvati col prezzo delle nostre proprie opere buone, digiuni, orazioni, astinenze, vigilie, ed altre cose della stessa specie, per cui saremmo perdonati de' nostri peccati, e avremmo guadagnato il cielo, concorrente la grazia di Dio.
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