In appoggio delle dottrine, che adduceva, portava i testi della Scrittura, ed esortava il popolo a riporre [135] tutta la loro fede nella infallibile autorità di Dio, nella sua parola, e collocare ogni speranza di salvazione nell'ubbidienza, e nella morte di Gesù Cristo solamente. Ma un prudente riguardo alla propria salvezza e all'edificazione degli uditori, de' quali la mente non era preparata alla scoperta, gl'impedì per qualche tempo di esporre gli errori, e la superstizione da cui il cristianesimo era stato corotto. Quando andò a predicare a Napoli, l'occhio sagace di Giovanni Valdes scoprì il protestante sotto il rattoppato mantello, e l'aguzzo cappuccio del frate; di modo che, avendo fatto la sua amicizia, l'introdusse nelle private riunioni, che si tenevano in quella città dai convertiti alle nuove dottrine.
Pietro Martire Vermigli(208) nacque a Firenze nel 1500 da buona famiglia, e ricevè quella educazione ricercata, che mancò ad Ochino. Nella sua gioventù, sua madre gl'insegnò la lingua latina; e all'età di sedici anni, essendo entrato fra i canonici regolari di S. Agostino, contro la volontà dei parenti; andò a fare il suo noviziato a Fiesole, dove, per liberalità dei Medici, esisteva un'eccellente libreria. Di là passò [136] all'università di Padova, dove fece gran profitto nella filosofia, e nella lingua greca. Visitò in seguito le più celebri accademie della Toscana. A Vercelli tradusse Omero ad istigazione di Cusano suo intimo amico; e a Bologna imparò la lingua ebraica, da un medico ebreo per nome Isacco.
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