Questa lettera era in data dei 24 settembre 1541. Ma in altra del primo di febbrajo susseguente, esprime il suo piacere, perchè la sua raccomandazione era rimasta senza effetto; e soggiunge:
Sento alcune cose di questo vescovo, che, se vere, sono assai cattive. Egli non solamente tiene in casa i ritratti dei protestanti, ma nelle cause di certi cittadini ha con calore procurato di favorire in ogni modo un partito, o per ragione, o per torto, e deprimere l'altro" (239).
Non è cosa molto facile per una persona messa nelle circostanze di Vergerio, di rinunziare all'onorevole situazione, in cui era, e sacrificare il prospetto lusinghiero di un'avanzamento, che per lungo tempo era stato l'oggetto delle sue mire. Inoltre, le sue cognizioni sulla verità erano ancora imperfette. Quando da principio si ritirò dallo strepito del mondo nella sua diocesi, si occupò a finire un'opera che aveva [157] incominciata "contro gli apostati della Germania", la pubblicazione della quale avrebbe potuto dissipare i sospetti insorti contro di lui; ma con lo scrivere, ed esaminare i libri dei riformatori, il suo spirito fu inaspettatamente così scosso dalla forza delle obbiezioni, cui doveva rispondere, che gettò via la penna, e disperato abbandonò l'impresa. Cercò allora un conforto al suo cuore agitato aprendolo al fratello Gio: Battista Vergerio, vescovo di Polo nello stesso distretto, che cadde nella più grande afflizione nel sentirsi comunicare un tal sconvolgimento d'idee; ma poi cominciato con Pietro Paolo il dialogo, udite le ragioni del suo cambiamento, specialmente sulla giustificazione, si convertì egli stesso alla dottrina riformata.
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