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      Lelio Socino era di Siena; non si sa di certo, che abbia fatto soggiorno a Venezia; e sebbene volessimo suppore che a caso visitasse quella [179] città, non è affatto probabile, che un giovane di ventun anno avesse in quell'assemblee l'autorità, che gli viene attribuita dal racconto che abbiamo esaminato. Inoltre, tutto quello, che gli si attribuisce, è totalmente diverso da tutta la sua condotta, dopo che ebbe lasciata la patria. Quantunque sia cosa chiara, che il suo spirito fosse imbevuto delle massime chiamate di poi sociniane, pure era tanto lontano dal desiderare gli onori e i pericoli di un eresiarca, che uniformemente proponeva sempre le sue opinioni in forma di dubbj, o di difficoltà, che ardentemente desiderava di sciogliere, e malgrado i sospetti incorsi di eterodossia, continuò fino alla morte a mantenere un'amichevole corrispondenza non solo coi suoi concittadini Martire e Zanchi, ma con Melantone, Bullinger, ed ancora con Calvino. Le assemblee soppresse negli stati di Venezia, nel 1546, erano quelle dei protestanti in generale; e fu come appartenenti a queste, e non come formanti parte di una setta particolare che gli amici di Servetto furono esposti a soffrire. Tali sono le ragioni che m'inducono a rigettare il racconto degli storici sociniani.
      Peraltro, mentre non v'è fondamento di credere, che i fautori dei principj antitrinitari in Italia si sieno formati in società, o abbiano formulato un sistema regolare di credenza, è innegabile che una quantità d'Italiani protestanti, erano a quel tempo imbevuti di questi errori, ed è altresì molto probabile, che fossero soliti di confermarsi a vicenda in quei principj, quando [180] a caso s'incontravano, e renderli oggetto di discussioni nelle comuni riunioni dei protestanti; e col proporre delle obbiezioni, scuotere le convinzioni di quelli che aderivano alle dottrine comunemente ricevute.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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