Si rileva da tal carteggio che Lavinia, mentre risiedeva alla corte di Roma, non solamente mantenne immacolata la sua coscienza, ma [184] impiegò tutta l'influenza del suocero, la quale era grande col papa, e co' principi cattolici, in favore dei protestanti, ch'erano caduti nelle mani dell'inquisizione. Da varie frasi della corrispondenza è chiaro ch'essa si trovava in una situazione estremamente delicata, e penosa, molto probabilmente per le seccagini di suo marito, e per i tentativi anche più incivili degli altri suoi parenti, onde costringerla a conformarsi alla religione stabilita; ma tutto ciò non servì che a far prova della sua pazienza e magnanimità (278). Bisogna avere molta sensibilità, e molta riflessione per valutare giustamente quello, che deve soffrire un'illustre dama nelle condizioni di Lavinia della Rovere. Una tazza d'acqua fresca, una semplice ambasciata mandata ad un prigioniero nelle segrete della inquisizione, una parola pronunciata in favore della verità, o un modesto rifiuto di assistere ad una festa superstiziosa danno in tali casi, più forti, e più indubitate prove di un'anima devota, che le più vive proteste, o le ricchezze immense impiegate per oggetto di religiose, da uno, che vive in paese libero, ed è circondato da persone che sono amiche del Vangelo.
Per mezzo delle stesse lettere, noi possiamo mettere fra le seguaci della Riforma, due donne della famiglia Orsini, madonna Maddalena, e madonna Cherubina (279); [185] come pure madonna Elena Rangone di Bentivoglio (280), che sembra aver appartenuto alla nobile famiglia di questo nome in Modena, che si è per lungo tempo distinta in ambo i sessi per la protezione e la coltura del sapere (281).
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