[205] l'Ave Maria, e inni in onore de' santi, egli, nell'intenzione d'iniziarlo in una devozione più ragionerole, e più analoga alla Scrittura, compose in italiano un trattato sulla maniera di pregare, il quale ebbe l'onore di essere a Roma proibito (315). L'istesso onore fu riservato agli eleganti commentarj del dotto, e pio abbate Gio. Batt. Folengo, che ridondano di sentimenti simili a quelli che sono stati citati nelle opere di Flaminio, e sparsi di acerbe censure sulle pratiche soperstiziose, che i preti, e i frati raccomandano al popolo (316).
Angelo Buonarici, generale de' canonici regolari a Venezia, presenta un'altro esempio dell'estensione, che le opinioni riformate vevano acquistato in Italia. Nella sua interpretazione dell'Epistole degli apostoli, ha egli stabilito la dottrina della giustificazione per la fede con tanta chiarezza, e con tanta precisione, quanto [206] Lutero istesso, e Calvino. "Questo passo della Scrittura (dice egli) c'insegna, che, se noi siamo veri cristiani, dobbiamo confessare che siamo salvi, e giustificati per mezzo della fede, senza precedenti opere della legge. Non si deve già concludere che coloro, che credono in Cristo non siano tenuti, ed obbligati a studiare la pratica dell'opere buone, sante, e devote; ma nessuno deve pensare, o credere di ottenere il beneficio della giustificazione per mezzo delle opere buone, mentre ciò si ottiene per la fede; e le buone opere nei giustificati non precedono, ma seguono la loro giustificazione." Tali sentimenti si contengono in quest'opera, che uscì alla luce in Venezia col privilegio degl'inquisitori: questa circostanza avrebbe eccitata la nostra meraviglia, se non avessimo saputo, che anche più madornali inavvertenze erano state commesse da quei gelosi, intolleranti, ma ignoranti, e malaccorti censori della stampa.
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