(318) [208]Celio Calcagnini, "uno degli uomini i pių dotti di quell'etā"(319), ci fa una dimostrazione sul modo di pensare, o piuttosto sentire degl'Italiani illuminati, e di questa classe ve n'erano molti. Il suo amico Pellegrino Morato gli aveva mandato un libro in difesa della dottrina riformata, e gliene aveva richiesto il suo parere. La risposta di Calcagnini fu prudente, ma abbastanza intelligibile. "Ho letto (dice egli) il libro relativo alle controversie tanto agitate in questo momento (320). Ho considerato i suoi concetti, e pesati nella bilancia della ragione. Non ci trovo nulla, che possa non essere approvato, o sostenuto, eccetto alcune cose, che, come misteri, č meglio di sopprimere, e di nascondere, che mettere sotto gli occhi, e la mente del volgo, in quanto che riguardono lo stato primitivo, e infantile della Chiesa. Ora che i decreti de' Padri, e la lunga abitudine hanno introdotti altri modi, che necessitā abbiamo di risuscitare delle pratiche abolite, che giā dā lungo tempo sono cadute in disusanza, specialmente quando non riguardano nč la pietā, nč la salvazione dell'anima? Lasciamo dunque queste cose in riposo. Non giā che io disapprovi, che vengano [209] abbracciate dai dotti, e dagli amatori delle antichitā; ma non vorrei, che fossero comunicate al popolo, e a quelli, che sono amanti di novitā, per timore di dispute, e di turbolenze. Vi sono delle persone indotte e inconsiderate, che dopo una lunga ignoranza, per aver letto, o sentito certe nuove opinioni sul battesimo, sul matrimonio dei preti, sull'ordinazione, sulla distinzione dei giorni e dei cibi, e sulla pubblica penitenza, s'immaginano immediatamente, che queste cose debbano subito essere fermamente mantenute, e osservate.
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