Perciò, secondo me, la discussione di questi punti deve essere circoscritta agl'iniziati, affinchè la veste inconsutile di Nostro Signore non sia nè stracciata, nè messa in pezzi. Sotto questo punto di vista suppongo; che si movessero quei probi uomini, che ultimamente presentarono al papa Paolo un piano di riforma pel cristianesimo, consigliando, che fossero banditi dalla nostra repubblica i Colloquj di Erasmo, come Platone anticamente bandi dalla sua i poemi di Omero." Dopo aver fatto alcune osservazioni d'una specie consimile sulla dottrina della predestinazione, insegnata dall'autore del libro, egli dice così: "Vedendo, che è cosa pericolosa di trattare cose tali avanti la moltitudine, e in discorsi pubblici, debbo credere che la strada migliore, e più sicura sia di parlar coi molti, e pensar coi pochi, e aver sempre presente il consiglio di Paolo: Hai tu fede? abbila a te stesso, dinanzi a Dio (321)" [210] Così il dotto proto-notario apostolico appagava la sua coscienza, ed è molto probabile, che non si avvedesse, e non riflettesse quanto peso aggiunga l'interesse personale "sulle bilancie della ragione". La massima di temporeggiare, a cui ricorre, è imprestata dal suo intimo amico Erasmo; ed è cosa singolare di trovarla impiegata qui per giustificare la sentenza pronunciata contro una delle più utili opere di quell'elegante, e perfetto scrittore. Questa sarà sempre una massima favorita da coloro, che sono, come Erasmo, determinati di fuggire le sofferenze, o che, come egli l'espresse, "sentono di non aver ricevuto la grazia del martirio", modo di parlare d'altronde che dimostra come quelli, che sono i più freddi a confessare la dottrina della predestinazione, non sono i più contrarj a servirsene, nel senso suo meno difensibile, in difesa della loro debolezza.
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