Conscio egli dell'incolpazione addossatagli, e fatto da' suoi amici consapevole dell'insidie, che si tramavano alla sua vita, dopo matura riflessione, deliberò di evitare il pericolo, sottraendosi alla rabbia e agli attentati de' suoi nemici. Dopo di aver fatto dono d'una parte della sua libreria al convento, ne confidò il resto a Cristoforo Trenta, patrizio lucchese, affinchè gliel'avesse spedito in Germania; e dopo aver messo in buon ordine gli affari del convento, e averne dato al suo vicario l'incarico, segretamente abbandonò la città, accompagnato da Paolo Lacisio, da Teodosio Trebellio, e da Giulio Terenziano, che erano stati liberati dalle prigioni. Da Pisa scrisse lettere al cardinal Pole, e ai suoi confratelli di Lucca, e le consegnò a persone fedeli, affinchè fossero date un mese dopo la sua partenza; In quelle lettere, esponeva i gravi errori, e gli abusi inerenti alla religione pontificia in generale, [224] e alla vita monastica in particolare, quali la sua coscienza non permetteva di soffrire più lungo tempo; e per i più forti motivi della sua partenza, adduceva l'odio contro di lui suscitato, e le trame ordite contro la sua vita. Nell'istesso tempo, rimandò indietro l'anello che era solito di portare al dito come distintivo della sua carica, affinchè non si potesse dire, che avesse conservato per suo uso privato quello, che era proprietà del convento. A Firenze s'imbattè con Ochino, e stabilì con esso i luoghi verso i quali dovevano dirigersi; indi partì, e passando con speditezza, e circospezione per Bologna, Ferrara, e Verona, arrivò sano e salvo a Zurigo insieme ai suoi tre compagni di viaggio(340). Non era molto tempo, che v'erano giunti, quando riceverono un'invito da Bucero di portarsi a Strasburgo, dove furono nominati professori dell'accademia.
| |
Cristoforo Trenta Germania Paolo Lacisio Teodosio Trebellio Giulio Terenziano Pisa Pole Lucca Firenze Ochino Bologna Ferrara Verona Zurigo Bucero Strasburgo
|