S'accrebbe poi il mio contento, quando seppi, che dopo finite fra voi le mie fatiche, Iddio vi aveva provveduto di altri abili maestri, [226] per la di cui premura, prudenza, e salutare istruzione l'opera incominciata veniva a perfezionarsi."(343)
Uno de' maestri, di cui intende Martire, è Celio Secondo Curo, che aveva ottenuto un posto nella università. Il senato lo protesse per qualche tempo, ad onta degli schiamazzi de' preti; ma poi, nel 1543, avendo il papa scritto ai magistrati, querelandosi di ciò e pregando di mandarlo a Roma per rispondere alle accuse, che contro di lui erano state prodotte da varie parti, lo consigliarono privatamente di provvedere alla sua salvezza. Dietro un tale avviso, Celio si ritirò a Ferrara, da dove per suggerimento della ducchessa Renata, che lo fornì di commendatizie per le autorità di Zurigo, e di Berna, lasciò l'Italia, e andò a fissare la sua residenza a Losanna. Nel corso dello stesso anno tornò per prendere la sua moglie, e figli, che aveva lasciati indietro. In quest'occasione, effettuò una di quelle fughe, che, quantunque autentica nella sua vita, ha l'aria d'un romanzo. Appunto in quel tempo s'era eretto in Roma il tribunale dell'Inquisizione, e i suoi sgherri, sparpagliati su tutte le strade, avevano rintracciata la via di Curio, dal momento che era rientrato in Italia. Non volendo arrischiare di mostrarsi a Lucca, Curio si fermò: nella città vicina di Pescia, aspettando di essere raggiunto dalla sua famiglia. Mentre sedeva a mensa in [227] albergo, il capo degli sbirri papalini, chiamato bargello, comparve a un tratto, ed entrato nella camera dov'era Curio, gli comandò a nome del papa, di arrendersi.
| |
Iddio Martire Celio Secondo Curo Roma Celio Ferrara Renata Zurigo Berna Italia Losanna Roma Inquisizione Curio Italia Lucca Curio Pescia Curio
|