Il pontefice Pio IV allora regnante fu sul principio favorevole a quell'idea, dalla quale sperava efficace aiuto [231] alle sue misure tendenti a distruggere le opinioni riformate; ma trovando in seguito, che i Milanesi erano determinati di opporre tutta la resistenza a quella innovazione, ed avevano tirato al loro partito quasi tutti i vescovi d'Italia, Sua santità disse ai deputati inviatigli per intercedere in loro favore, che: "conosceva l'estremo rigore degl'inquisitori spagnuoli; in conseguenza avrebbe fatto in modo, che l'inquisizione a Milano fosse dipendente, come per lo innanzi, dalla corte di Roma, i cui decreti, relativi alla procedura, erano infinitamente più moderati, e concedevano all'accusato la libertà la più estesa di difendersi" (349). Questo linguaggio era sfacciatamente ipocrito, e discorde affatto con la condotta del pontefice regnante, e con quella de' suoi predecessori, che avevano tutti sostenuto l'inquisizione di Spagna, e formalmente sanzionato ogni sua procedura la più ingiusta, la più crudele. Ma questa illusione serviva all'oggetto principale di preservare intera l'autorità della santa sede, e insieme di riconciliare gli animi degl'Italiani con quella corte, ch'era stata di fresco eretta a Roma. L'Inquisizione romana fu fondata sugli stessi principj, che quella delle Spagne, nè le forme di procedura delle due corti differivano in alcun punto essenziale, o materiale; pure l'orrore che gl'Italiani avevano concepito all'idea di questa, li indusse a sottomettersi a quella senza [232] ripugnanza: tanto è facile di privare il popolo della sua libertà, solchè si sappia maneggiarlo valendosi de' suoi pregiudizj.
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