Vergerio congedato, andò al concilio di Trento coll'animo di vendicarsi, o come alcuni pretendono, di domandare a quell'assemblea la sua sede vescovile. Il papa avrebbe voluto ordinare il suo arresto, ma ebbe timore di dar motivo, che si dicesse, che il concilio non era libero, mentre professava il desiderio, che vi assistessero tutti i protestanti della Germania. Per far si, che si allontanasse da Trento una persona tanto pericolosa, i legati papali convennero di differire la citazione, che gli era stata data di comparire a Roma, e rimisero l'esame delle incolpazioni avanzate a suo carico, al nuncio e al patriarca di Venezia. Vergerio trattò la sua difesa con tanta abilità, che protrasse la causa per due anni, al termine dei quali gli fu proibito di tornare nella [256] sua diocesi (390). A quel tempo Francesco Spira, avvocato Padovano, morì in uno stato di mentale sconvolgimento, per essere stato indotto dai terrori dell'inquisizione a ritrattare la fede protestante. Vergerio, ch'era andato da Venezia a Padova, lo vide sul letto di morte, e unito ed altre dotte e pie persone, procurò di confortare il misero penitente (391). Quello spettacolo fece impressione tanto profonda nell'animo di Vergerio, che decise di abbandonare il suo vescovato, e la patria, e cercare asilo in un luogo, dove potesse con [257] sicurezza far pubblica professione della verità, che aveva abbracciata. "Per dire il vero (dice, egli) sentii tanto ardermi il petto, che potei appena reprimermi dall'andare alla porta della camera delegato di Venezia, ed esclamare: Eccomi quì; dove sono le vostre prigioni, dove le vostre pire?
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