È egli possibile che questa prepotenza non vi desti dal letargo?" (397). Il senato in quel tempo si mostrò disposto a raffrenare la condotta tirannica degli agenti papali, facendo [259] con maggior forza argine alle loro usurpazioni sulla giurisdizione criminale. "Le notizie d'Italia sono (dice Vergerio) che il senato di Venezia ha fatto un decreto, che nessun legato papale, nè vescovo, nè inquisitore potrà procedere contro qualunque suddito, fuorchè in presenza d'un magistrato civile, e che il papa adirato per questo, ha fulminato una bolla, che proibisce, sotto le più gravi pene, a qualunque principe secolare di frapporre il minimo ostacolo ai processi d'eresia. Resta a vedersi se i Veneziani obbediranno"(398). Ma la corte di Roma, con la sua perseveranza, e co' suoi intrighi, e maneggi, vinse alla fine la gelosia patrizia. Anche i forestieri, che si portavano a Venezia per affari di commercio, erano arrestati, e ritenuti dall'inquisizione. Federico da Salice, ch'era stato spedito a Venezia dalla repubblica dei Grigioni per reclamare la libertà, di alcuni de' suoi sudditi, dà il seguente ragguaglio dello stato degli affari nel 1557. "In questa repubblica e in generale in Italia, dove il papa possiede quella che si chiama giurisdizione spirituale, i fedeli sono sottoposti alla più severa inquisizione. Gl'inquisitori godono della più estesa autorità per arrestare chiunque, a loro fantasia, e sulla minima informazione metterlo alla tortura, e quel ch'è peggio ancor della morte, mandarlo a Roma, ciò che [260] non succedeva prima del regno di questo papa.
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