All'ora triste della mezza notte, il prigioniero era tirato fuori della sua celia, e messo in una gondola, in cui oltre i marinaj non v'era che un solo prete, che serviva da confessore. Così era condotto a remi nel mare, al di là dei due castelli, dove si trovava pronta un'altra gondola. Allora si metteva un asse attraverso le due gondole, sopra cui il condannato veniva steso col corpo incatenato, e attaccata a' piedi una pesante pietra. Fatto questo, a un dato segnale si ritiravano le gondole, ognuna dalla sua parte, e il martire precipitava al fondo(404).[263]Il primo che per quanto si sappia, soffrì a Venezia il martirio, fu Giulio Guirlanda, nativo del Trevigiano (405). Questi dopo che fu legato sull'asse, dette festevole addio al capitano, e colò a fondo invocando Gesù Cristo(406). Antonio Ricetto di Vicenza era tenuto in tal rispetto, che dopo la sua condanna, ebbe dai senatori offerta non solo della sua libertà, ma ancora de' suoi beni, quantunque in parte venduti, e in parte ceduti, purchè avesse voluto conformarsi alla Chiesa di Roma. La fermezza di Ricetto fu messa ad una più dura prova. Suo figlio, giovinetto di dodici anni, fu fatto penetrare nelle prigioni. Appena vide il padre, gli cadde ai piedi, e con le più tenere parole, lo supplicò di accettare le offerte, e non permettere [264] che suo figlio restasse orfano. Ricetto rimase fermo; e al carceriere, che in un giorno susseguente, per indurlo ad una ritrattazione, gli aveva dato ad intendere, che uno de' suoi compagni aveva ceduto, rispose unicamente: "Cosa vuol dir questo per me?
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