Quantunque il torturato rifinito stesse per otto ore sullo stromento chiamato il cavalletto, si negò costantemente di confermare l'atroce calunnia. Un tal Marzone fu spogliato nudo, battuto con verghe di ferro, strascinato per tutte le strade, e strammazzato a colpi di fiaccole ardenti. Uno de' suoi figli, un ragazzo, per aver sempre resistito a tutti i tentativi [295] fatti per convertirlo, fu condotto sulla cima di una torre, donde fu minacciato di essere precipitato se non abbracciava il crocifisso, che gli tenevano avanti. Il ragazzo si ricusò; e l'inquisitore preso dalla rabbia, ordinò che fosse subito gettato giù. Bernardino Conte, condotto al patibolo, gettò via camminando un crocifisso, che il carnefice gli aveva a forza posto fra le mani. L'inquisitore Panza lo fece ricondurre nel carcere per dar tempo a pensare ad un genere di morte più crudele. Difatti il condannato fu condotto poscia a Cosenza, dove gli fu coperto il corpo di pece, e fatto bruciare fino alla morte avanti al popolo(437). Si farebbe qui menzione del modo brutale e atroce con cui quel mostro facea perir le donne se non fossimo certi, che la narrazione farebbe troppo disgusto al lettore. Basterà dire, che ne mise sei alla tortura, e che la maggior parte morì nelle carceri in seguito delle ferite lasciate a bella posta scoperte. Al suo ritorno a Napoli consegnò una quantità di protestanti al braccio secolare a Sant'Agata, inspirando agli abitanti il più grande spavento; imperocchè se qualcuno si presentava per intercedere grazia a favore dei prigionieri, egli lo facea immediatamente porre alla tortura come fautore dell'eresia.
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