La seconda cercava di inspirar terrore col solenne spettacolo di un atto pubblico di giustizia, in cui il patibolo era follato di vittime. La prima, ad eccezione dei lontani isolati Calabresi senza amici, aveva per iscopo di evitare qualunque inutile pubblicità, e rumore. Per questo stesso principio Roma adottava qualche volta la punizione che si dava a Venezia, come nel caso Bartolomeo Fonzio (442). In altri casi le vittime erano condotte al palo [301] una per volta, o in piccolo numero, e spesso strozzate prima di esser date alle fiamme. I ragguagli degli autos da fè di Siviglia, e di Valladolid sbalordirono nello stesso momento tutta l'Europa. L'esecuzioni, che si facevano a Roma, eccitavano nella città meno chiasso, perchè erano più frequenti e meno appariscenti, e lo strepito che ne nasceva, cessava prima di giungere all'orecchio degli stranieri.
Paolo III gettò molti protestanti nelle prigioni; Giulio III li mise a morte; e Paolo IV seguì la sanguinosa via del suo predecessore. Sotto il governo di quest'ultimo, l'Inquisizione sparse dappertutto lo spavento, e creò quegli stessi mali, che pensava di diminuire. Principi, principesse, preti, frati, vescovi, accademie intere, il sacro collegio, lo stesso sant'offizio cadde in sospetto di nudrire massime ereticali. Il sacro collegio fu assogettato ad un processo di purificazione. I cardinali Morone e Pole, Foscarari, vescovo di Modena, Luigi Prioli, ed altri personaggi chiarissimi furono perseguitati come eretici. Finalmente si conobbe la necessità d'introdurre nell'Inquisizione de' secolari, [302] "perchè (usando delle stesse parole di uno scrittore contemporaneo) non solo molti vescovi, vicarj, e frati, ma ancora molti fra gli stessi inquisitori erano corrotti dall'eresia"(443). Senza dubbio, l'eccesso delle stravaganze di quel tempo deve attribuirsi in gran parte al fanatismo personale, ed alla gelosia del papa, che chiamò al suo letto di morte alcuni cardinali, e raccomandò alla loro cura, e protezione l'inquisizione fino all'ultimo respiro.
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