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      Quando uscirono degl'ordini proibitivi agli esteri di avvicinarlo, egli si occupò in far del bene ai suoi compagni di carcere, fra i quali erano diversi personaggi alti, detenuti per delitti di stato, sopra i quali la sua pietà, unita alla non comune umiltà, e modestia produsse tale effetto, che quei detenuti, dopo aver ricuperato la loro libertà, confessarono, che, non aveano mai conosciuto cosa fosse la vera felicità, e libertà, fino a che non la trovarono fra le mura d'una prigione. In seguito di ciò furono dati degl'ordini, perchè fosse posto in un carcere solitario, e allora impiegò il suo tempo nello scrivere lettere, e saggi di religione, che trovò il modo di far pervenire ai suoi amici, molti de' quali scritti furono pubblicati dopo la sua morte. Tanto erano i preti spaventati dall'influenza, che aveva sopra tutti coloro, che avvicinava, che il carcere e il carceriere furono parecchie volte cambiati. Nell'anno 1550 Giulio III rigettando ogni intercessione per la sua vita ordinò, che fosse messo a morte. [310] Fu pertanto condotto, e legato al palo sulla prima ora del mattino, affinchè il popolo non fosse testimonio dello spettacolo, e dopo esser stato strozzato, fu dato alle fiamme (456).
      Nell'istesso tempo, e nello stesso modo fu messo a morte Domenico Casablanca. Era nativo di Bassano: negli stati di Venezia, e in Germania acquistò la cognizione della verità, dov'era andato nell'esercito di Carlo V. Egli animato dallo zelo di giovine convertito si occupò con attività, al suo ritorno in Italia, di disingannare i suoi delusi concittadini.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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