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      Goffredo Varaglia, Piemontese, e messo a morte nella sua patria, merita che ne sia qui fatta menzione particolare. Egli era dell'ordine de' cappuccini, e si rese molto celebre fra i loro predicatori. Aveva da suo padre ereditato una forte antipatia contro i Valdesi, e il destino lo mandò fra quelli. Fu comandato di portarsi a predicare a quella popolazione, e di faticare per la sua conversione, e le più belle speranze erano fondate sul suo zelo, e sulla forza della sua eloquenza. Ma l'esito fu ben diverso, poichè fu egli che si convertì alle opinioni de' suoi avversari; e come un nuovo Paolo cominciò a predicar la fede, che aveva cercato di distruggere (462). Fin da quel tempo agì sempre di concerto con Ochino. Quando questi lasciò l'Italia, Goffredo e dodici altri dello stesso ordine furono arrestati, e portati a Roma; siccome i sospetti erano leggieri, e grande era la loro influenza, così furono ammessi ad abjurare in termini generali, e confinati per cinque anni nella capitale sulla loro parola. Al termine di quella condanna, Varaglia pensò bene di dismettere il cappuccio, ed entrare negli ordini secolari. [317] Il suo ingegno gli aveva procurato l'amicizia di un dignitario della Chiesa, di cui godè per qualche tempo una pensione. Nominato il suo Mecenate legato del papa presso il re di Francia nel 1556, egli l'accompagnò a Lione. Ma siccome la sua coscienza non gli permetteva di nascondere più lungo tempo i suoi sentimenti, partì dal legato, e se ne andò a Ginevra, dove accettò l'incarico di predicare il Vangelo ai Valdesi nella valle di Angrogna (463). Non aveva travagliato molti mesi fra quei popoli, quando fu arrestato, condotto a Torino, e condannato a morte, che soffrì con gran fortezza d'animo il dì 29 marzo 1558, nel cinquantesimo anno dell'età sua.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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