Passando molti altri sotto silenzio, farò menzione di due assai celebri pe' loro impieghi, e ingegno, i di cui nomi, a causa del segreto, che accompagnò la loro morte, non hanno ottenuto un posto nel martirologio della Chiesa protestante.
Uno è Pietro Carnesecchi, Fiorentino, di buoni natali, e liberamente educato (466). Fin dalla sua prima gioventù mostrò di esser nato per "stare avanti ai re, e non avanti a uomini da poco." A una bella presenza, ad un vivo giudizio penetrante univa affabilità, dignità di maniere, generosità, e prudenza. Sadoleti lo loda come "un giovane di spechiata virtù, e di molta coltura" (467). E Bembo ne parla in termini del più alto rispetto, ed affetto (468). Fu fatto segretario, e quindi protonotario apostolico da Clemente VII, che gli conferì due abbazie, una in Napoli, l'altra in Francia; ed era tale l'influenza di cui godeva presso quel [323] papa, che si diceva comunemente, "che la Chiesa era governata più da Carnesecchi, che da Clemente." Pure si condusse con tanta modestia, e convenienza nella sua delicata situazione, che in vita non incorse invidia, nè disfavore in morte del suo padrone. Ma i progressi di Carnesecchi nella carriera degli onori mondani, che aveva con tanto belli augurj principiata furono arrestati da una causa diversa. A Napoli strinse con Valdes un'intima amicizia da cui s'imbevve della dottrina riformata (469); e siccome possedeva una gran sincerità di cuore, e sentiva amore per la verità, crebbe ogni giorno l'attaccamento a quella dottrina, con la lettura, la meditazione, e la conferenza degli uomini dotti.
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