Questi fatti non sono senza analogia [332] al nostro assunto, e presenteranno alla mente dell'intelligente lettore una serie di riflessioni sulla fatale influenza, che la superstizione, e l'intolleranza devono avere esercitata in quel tempo in Italia sopra tutto ciò che riguarda il progresso nelle lettere, e generosità nello spirito. Se egli è soltanto dopo le più laboriose ricerche, e spesso pescando nel buio di fallaci nomi, confrontando l'edizioni delle opere dei dotti, che abbiamo potuto venire al giorno di una gran parte di quello, che ora sappiamo della riforma, e de' suoi seguaci in questo paese, quanti fatti importanti, che riguardano a quella, e questi, debbono restar nascosti, o sono stati irremissibilmente perduti in conseguenza della lunga non interrotta pratica di tale sistematica soppressione, e combinata impostura!
Abbiamo già parlato di Aonio Paleario, o, secondo il suo proprio nome, Antonio dalla Paglia (483). Questo grand'uomo, lasciando il suolo sanese circa l'anno 1543, accettò l'invito del senato di Lucca, [333] dove spiegava i classici latini, ed era nelle occasioni di solennità l'oratore della repubblica. In questa città gli successe Marco Blaterone, uno de' suoi antichi avversarj, uno sciolo che possedeva quella volubilità di lingua, che adesca le orecchie volgari, e la di cui ignoranza, e loquacità era stata severamente castigata, ma non corretta dalla penna satirica dell'Aretino. Lucca a quel tempo abbondava d'uomini grandi, stimabili in ogni senso, e illuminati.
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