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      Nell'anno 1551 fu presentata una petizione, che si fosse dichiarato, conformemente allo spirito di una antica legge, che nessun'esiliato, o predicatore evangelico potesse rimanere nella Valtellina più di tre giorni. Antonio di Planta governatore era protestante; ma temendo, a causa delle cattive disposizioni del popolo, un massacro dei rifugiati, acconsentì alla domanda. In conseguenza i predicatori furono costretti a ritirarsi per un tempo a Chiavenna, e molti distinti individui uomini e donne, fra cui si contavano il conte Celso Martinengo, ed Isabella Manrica, si disposero a partire per la Svizzera (567). La dieta fu molto offesa di quelle illegali, e irregolari misure; ma si contentò di rinnovare nel 1552 il primo editto, e di ordinare al governatore, [386] e al vicario della Valtellina della più stretta osservanza.
      La fermezza del governo soffocò, non diminuì il rancore di coloro, che avevano preso l'ascendente sulle passioni de' cattolici romani, i quali prorompevano per le più piccole cause in atti di violenza contro i predicatori protestanti. I cattolici romani odiavano e temevano Vergerio, e nel viaggio che fecero nella Valtellina nel 1553, fu inviata una deputazione al governatore, la quale fece istanza per l'esilio istantaneo del vescovo; aggiungendo, che se la domanda non era favorevolmente accolta "essi (i deputati) non sarebbero stati responsabili degli scandali, che potevano nascere." Vergerio, comprendendo il significato di quella minaccia, acconsentì di ritirarsi volontariamente; "perchè (dice) quelli si sono proposti di assalirmi con un pugnale, con una pistola, o col veleno.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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