Uno dei più vili modi adottati dai monastici eccitatori della sedizione, era d'imprimere negli animi dei loro uditori, che era cosa illegale per i veri cattolici di mantenere rapporto civile cogli eretici, o viver con essi in qualunque grado si fosse di rapporto sociale, o di vincolo di parentela; così disturbavano la pace, e l'armonia delle principali famiglie. Un frate domenicano di Cremona, chiamato frate Angelo, declamando dal pulpito a Teglio nelle feste di Pasqua del 1556, accusò i governatori de' Grigioni di ascoltare i maestri eretici, e diede formale sfida al partito [387] evangelico, esibendosi di provare con le Scritture, che coloro, che ricusavano la messa, erano eretici diabolici, che le loro mogli non erano legittime, ma peggiori delle meretrici. L'udienza a questo dire divenne furibonda; lasciata la chiesa, precipitò in folla, sboccò con impeto nel luogo del culto protestante, assali il pastor Gaddio, e ferì coloro che tentarono di difenderlo. Il governo de' Grigioni, invece di chiamare frate Angelo a render conto del tumulto, che aveva suscitato, l'invitò a Coira a sostener la disputa, che aveva provocata; ma sebbene gli offerisse un salvacondotto, il frate ricusò di comparirvi; e quindi essendo stati dati gli ordini per arrestarlo, egli fuggì in Italia. Il procuratore, che comparve per quelli che avevano preso parte attiva nel tumulto, non negò, che questo era stato suscitato dai frati; anzi ebbe la sfrontatezza di dichiarare avanti ai giudici destinati ad esaminare l'affare,
che non vi sarebbe mai stata tranquillità nella repubblica, finchè la religione del diavolo (la protestante) non fosse stata distrutta.
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