Niuno fra gli esuli italiani lasciò di sè migliore, e più bella memoria di quella di Pietro Martire, il quale possedeva le buone qualità de' suoi compatriotti, senza alcuno de' vizii, che sono stati loro attribuiti: acume d'ingegno senza troppa sottigliezza ardore senza entusiasmo, destrezza senza malizia. Grave scandalo apportò all'Italia, abbandonando la religione de' suoi avi, e violando i voti monastici. Fu in Inghilterra opposto ai campioni della fede cattolica, dopochè il governo si fu dichiarato decisamente in loro favore. Alla conferenza di Poissy, comparve in sostegno della dottrina protestante, in una crisi in cui i nemici di questa tremavano ai favorevoli progressi dentro il regno di Francia; e a Strasburgo fu involto in una disputa con quei, che sostenevano i sentimenti particolari di Lutero sull'eucarestia, però con minor moderazione di quella, che avea mostrata lo stesso maestro. Ma in niuna di queste città, il pregiudizio, per quanto alta fosse allora la sua voce, e per quanto spesso elevata, non potè nella più piccola cosa mormorare a carico del carattere personale di Martire (624). La modestia, il candore, la gentilezza dei modi [427] annunziavano la sua pietà, e la sua dottrina. Come autore, i suoi nemici non negavano il suo ingegno; e nella Chiesa riformata i suoi scritti furono posti col voto generale, accanto a quelli di Calvino, tanto per la chiarezza delle idee, che pel discernimento. Passò felicemente gli ultimi anni suoi nella migliore, e non mai interrotta armonia, e cordiale amicizia co' suoi colleghi in Zurigo.
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