È giunta l'ora che io debbo passare da questa vita al mio Signore, e Padre, e Dio. Parto così allegramente come se dovessi andare alle nozze del figlio del gran Re, il che ho già pregato il mio Signore di concedermi per sua infinita bontà e misericordia. Pertanto, mia carissima consorte, consolatevi nella volontà di Dio, e nella mia rassegnazione. Abbiate cura della desolata famiglia, che mi sopravvive, educandola, e conservandola nel timor di Dio, e siate padre, e madre nello stesso tempo. [464] Io sono adesso un vecchio di settant'anni inutile. I nostri figli debbono pensare a se stessi con la virtù, con l'industria, e a menare una vita onorata. Iddio, e il Padre, e Nostro Signor Gesù Cristo, e la comunione dello Spirito Santo sia col vostro spirito.
Il tuo consorte, AONIO PALEARIORoma, 3 luglio 1570.
Segue l'altra lettera verbatim.
A LAMPRIDIO, E A FEDRO, DILETTI FIGLI.
Questi miei cortesissimi signori non diminuiscono punto la loro gentilezza a mio riguardo in questi estremi momenti, e mi permettono di scrivervi. Piace a Dio chiamarmi a sè con questo mezzo, che può sembrarvi aspro, e penoso; ma se lo riguardate propriamente accadere con mia piena rassegnazione, e allegrezza d'animo, troverete il vostro sollievo nella volontà di Dio, come avete fatto finora. Vi lascio in patrimonio l'industria, e la virtù con tutti i beni che già possedete; vi lascio senza debiti. Molti domandano sempre, mentre devono dare.
Sono già più di anni diciotto che siete emancipati; voi non siete tenuti pe' miei debiti.
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Padre Dio Dio Dio Padre Nostro Signor Gesù Cristo Spirito Santo Dio Dio
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