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      artecipe dell'artifizio, è divenuta sospetta, come se da questo scaltrito contegno l'intelletto fosse depravato, e la semplicità del vero distrutta. Passiamo dunque sopra queste cose, e rendendo giustizia a ciascuno, procediamo a considerare con esattezza, e diligenza la testimonianza di quegli autori antichi, che hanno trattato la materia con miglior giudizio, e con la più grande imparzialità. Voi scrivendomi, non aveste luogo di stabilire l'autorità delle opere d'Ireneo, nè di lodarmi tanto caldamente l'autore, giacchè io so bene la stima, in cui è universalmente tenuto, e sono tenuti i suoi scritti; io stesso ne sono ammiratore. Spesso mi sono rammaricato, che le sue opere non siano giunte fino a noi [475] nell'originale greco, che, come si rileva dagli estratti inseriti nei libri di Eusebio, di Epifanio, e di altri, sembra di essere stato scritto con molta fluidità, ed eleganza. Mi sorprende moltissimo, che un dotto scrittore metta in dubbio se scrivesse in greco. Quanto a questi scritti, che sono stati tradotti in latino, come questo, non potrei far fede, che siano fedeli coll'originale; ma lo stile certamente non è in alcun modo, nè buono, nè casto. Il traduttore fa uso di parole senza senso, il suo idioma straniero necessariamente confonde l'intelligenza del lettore. Ma sì in questo, come in tanti altri casi, dobbiamo ritrarre quel che si può, non quel che si vorrebbe; e in quei libri, che sono stati pubblicati, v'è molta discussione su materie di alta importanza. Esaminiamo per un momento l'estratto del quarto libro d'Ireneo contro gli eretici.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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