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      Questi tali, se avessero senso comune, considererebbero, che nessuna infamia è tanto frivola, e ridicola quanto quella che ripercuote sul capo dell'autore. Nella vostra lettera voi censurate con gran severità e giustizia l'ostinazione di coloro, che restano ciecamente schiavi della propria opinione, mascherano il loro orgoglio sotto un falso zelo, accusano con arroganza i costumi generali stabiliti, e, come voi aggiungete, sono agitati dal timore di perdere i guadagni, e le dignità di questo mondo. Tutte queste cose [477] sono pestifere; concedo, che l'antico costume generale debba essere conservato per timore che possano essere distrutti i veri fondamenti, ma questa è la vera questione, che si discute, e resta ancora irresoluta. Quali sono quelli che hanno trasgredito la conformità cattolica, o vi si sono opposti? Voi dite che havvi di quei che sono ostinatissimi ciechi per zelo, troppo fidati nella loro arditezza, ambiziosi, avari. Sieno dunque, direi, giudicati questi che meritano tali accuse. Noi sappiamo bene quanto crudelmente un partito goda d'infamar l'altrui, e quanto mai questo male siasi accresciuto in questi tempi corrotti immorali; perciò dovremmo noi esaminar bene ciò che è vero proprio, e lodevole, attendere a quello che deve farsi, non a ciò che è stato fatto da questo o da quello. Così dopo aver deciso, pronunciamo i nostri sentimenti sopra il soggetto; quindi se lo stimiamo opportuno pronuncieremo sulle persone. Di queste come mi sono spiegato, non dirò nulla, nè in accusa, nè in difesa; poichè quel che dice Orazio sulla guerra di Troja può, se non erro, giustamente applicarsi a questa controversia:


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





Orazio Troja