Vi mando quei poemi, che ho potuto scrivere, perchè li ho ritenuti in memoria dopo la distruzione di Schweinfurt. Tutti i miei scritti sono periti. Siate voi il mio Aristarco, e correggete questi che vi trasmetto. Addio di nuovo. Da Heidelberg (692).
N°. VIII.
Lettera di Marco Antonio Flaminio
a Carlo Gualteruccio. (693)
Io non saprei proporvi libro alcuno (non parlo della Scrittura Santa), che fosse più utile di quel libretto [487] de Imitatione Christi, volendo voi leggere non per curiosità, nè per saper ragionare, o disputare delle cose cristiane, ma per edificare l'anima vostra, e attendere alla pratica del vivere cristiano, nella quale consiste tutta la somma, come l'uomo ha accettato la grazia dell'Evangelio, cioè la giustificazione per la fede. È ben vero, che una cosa desidero in detto libro, cioè, che non approvo la via del timore, della quale egli spesso si serve; ma basta essere avvertito: non già ch'io biasimi ogni sorta di timore; ma biasimo il timor penale, il quale è segno, o d'infedeltà, o di fede debolissima; perchè se io credo da dovvero, che Cristo abbia soddisfatto per tutti i miei peccati passati, presenti, e futuri, non è possibile ch'io tema di esser condannato nel giudizio di Dio, massimamente s'io credo, che la giustizia, e la santità di Cristo sia diventata mia per la fede, come debbo credere se voglio esser vero cristiano. Adunque il timor penale non è conveniente al cristiano, essendo a lui l'amor filiale. Ma bene è conveniente, che il cristiano viva in un perpetuo timore di se stesso, temendo sempre che i suoi affetti e appetiti nol facciano fare alcuna cosa indegna della professione, e dignità sua, la quale contristi lo Spirito Santo, ch'è in lui; siccome un buon figliuolo, quanto è meglio trattato dal padre, tanto più si guarda di fare cosa alcuna, che gli possa dispiacere.
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