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      A quello che più secondava il suo disegno. Nè può dirsi che una tal preferenza derivasse, o da manifestazione del pubblico sentimento, o da sincero affetto pel cattolicismo. Colui che poco dopo, a scherno di tutto il mondo cattolico, carcerò il pontefice, e perseguitò i ministri dell'ara che rialzò, mostrò bene qual stima facesse del santuario, del sacerdozio, e de' fedeli. Volle vilipendere il capo del culto, mentre fingeva onorare il culto stesso, dappoichè quello opponeva un'ostacolo [495] al suo potere, e questo lo favoriva. Può osservarsi costantemente, che tutti i zelatori del potere assoluto sono egualmente sostenitori dell'autorità papale. E da ciò nacque, che il ristabilimento del principato teocratico in Italia si debbe in gran parte (per dirla col linguaggio del principato stesso) alle armi della eretica Prussia e della scismatica Russia. Parrebbe un'enigma, che il papa sia debitore del ripristinamento suo a quelle due potenze, che non riconoscono la sua Chiesa, se quelle stesse non ci dessero la soluzione dell'enigma. Nel trattato del congresso di Verona si legge, all'articolo terzo: "Les puissances contractantes offrent en commun leurs remercimens au pape, pour ce qu'il a déjà fait à leur égard, en sollecitant sa coopération constante dans le but de soumettre les nations" (694). Quindi vedemmo che tutte le volte, in cui avvenne, o parve dover avvenire, una riforma politica, per la quale uno stato cattolico passasse ad aver governo più liberale (e ciò non solo in Italia, ma anche altrove), la Chiesa romana ne appalesò sempre gravissimo rancore.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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