Per l'altrui impoverir, sei fatta grande.
(Nel sonetto Fiamma dal ciel.)
(C).
Il primo fra i cardinali viventi, il più saggio, il più letterato, non che il più zelante difensore dei diritti della Chiesa romana fra i suoi colleghi, in una sua opera non da molto stampata, con quella dottrina, e ingenuità che lo caratterizzano, esterna il suo sentimento riguardo al governo temporale dei papi, e dice non esser questo necessario al libero esercizio dello spirituale. Sentiamo lui stesso.
Prima di chiudere questa mia lettera, voglio prevenire una obbiezione che voi potete farmi. Mi pare di sentirvi dire: E non credevate voi fratello, che sarebbero stati ben presto restituiti alla santa sede gli [500] usurpati domini e che Pio settimo, o il suo successore tornerebbe glorioso su trono pontificio? Poteva mai fuggirvi dalla mente la bella riflessione dell'illustre Bossuet, che nell'attuale stato dell'Europa diviso in tante potenze spesso fra loro nemiche, la condizione di un papa suddito ad una d'esse può dirsi quasi incompatibile col governo della Chiesa universale? Sì, caro fralello, in quei momenti nei quali il mio animo godeva pace e tranquillità, massime dopo aver compiti i sacri doveri di religione, sentiva in me una viva speranza e dirò quasi un presentimento, che sarebbero i papi ritornati al possesso di Roma, e degli stati della Chiesa: ma non pensava sempre così, e lo stesso Bossuet, bene interpretato mi faceva talvolta nascere in capo idee, e pensieri, che indebolivano di molto la speranza da me concepita di veder presto risorgere il governo temporale de' papi.
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