Novemb. 1536. Apud Bock., Hist. Antitrin., t. XI p. 396.
(326) Epistolæ, col. 303. Questa lettera non ha data; ma confrontando il contenuto con Sleidani Comment., t. II, p. 187, sembra essere stata scritta nel 1540.
(327) Cœlius Secundus Curio, de Amplitudine regni Dei. (In Schelhornii Amœn. liter., t. XII, p. 594, 595.)
(328) Caracciolus, de Vita Pauli IV, p. 240.
(329) Palearii Opera, p. 294. La stessa cosa è raccontata da Ochino medesimo nella sua apologia ai magistrati di Siena, ripubblicata alla fine del secondo volume delle sue prediche.
(330) Boverio, Annali de' Cappuccini, tomo I, p. 416.
(331) Boverio, Annali de' Cappuccini, t. I, p. 424.
(332) Ochino, Prediche, t. I, n. 10. Questo fatto è stato fortemente negato da Boverio (ut supra) e dal cardinal Quirini (Diat. ad vol. III. Epist. Poli, cap. 1). Beccatello dice, che era presente alla conferenza, e che il cardinal, ch'era molto debole, si raccomandò alle orazioni di Ochino (Ibid., p. 137).
(333) Ochino ha dato egli stesso un ragguaglio della sua partenza dall'Italia, e delle ragioni di essa, in una sua risposta a Muzio, che è ristampata alla fine del secondo vol. delle sue Prediche. Lubieniecio, e Sandio dicono, che andasse a Roma, e alla presenza del papa riprovasse dal pulpito la tirannia, l'orgoglio, e i vizj della corte pontificia. L'ultimo aggiunge, che in una predica avanzasse una quantità d'argomenti contro la Trinità, differendo ad altro tempo la risposta a quelli, sotto pretesto, che l'ora era scorsa; ma lasciato appena il pulpito, montasse a cavallo, già per lui preparato, e abbandonando Roma, e l'Italia, deludesse gl'inquisitori.
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