E vi ho volentieri replicato questo ordine più volte, acciò che poi, quando io vi mostrerò i modi dell'ordinare le battaglie e gli eserciti, voi non vi confondiate. Dico, pertanto, come quel re o quella republica dovrebbe quegli suoi sudditi ch'ella volesse ordinare all'armi, ordinargli con queste armi e con queste parti, e fare nel suo paese tanti battaglioni di quanti fusse capace. E quando gli avesse ordinati secondo la sopradetta distribuzione, volendogli esercitare negli ordini, basterebbe esercitargli battaglia per battaglia. E benché il numero degli uomini di ciascuna di esse non possa per sé fare forma d'uno giusto esercito, nondimeno può ciascuno uomo imparare a fare quello che s'appartiene a lui particolarmente; perché negli eserciti si osserva due ordini: l'uno, quello che deono fare gli uomini in ciascuna battaglia, e l'altro, quello che di poi debbe fare la battaglia quando è coll'altre in uno esercito. E quelli uomini che fanno bene il primo, facilmente osservano il secondo; ma, sanza sapere quello, non si può mai alla disciplina del secondo pervenire. Possono, adunque, come ho detto, ciascuna di queste battaglie da per sé imparare a tenere l'ordine delle file in ogni qualità di moto e di luogo e, di poi, a sapere mettersi insieme, intendere il suono mediante il quale nelle zuffe si comanda; sapere cognoscere da quello, come i galeotti dal fischio, quanto abbiano a fare, o a stare saldi, o gire avanti, o tornare indietro, o dove rivolgere l'armi e il volto. In modo che, sappiendo tenere bene le file, talmente che né luogo né moto le disordinino, intendendo bene i comandamenti del capo mediante il suono e sappiendo di subito ritornare nel suo luogo, possono poi facilmente, come io dissi, queste battaglie, sendone ridotte assai insieme, imparare a fare quello che tutto il corpo loro è obligato, insieme con l'altre battaglie, in un esercito giusto operare.
| |
|