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      Diventò questo modo, poi, nella città corrotta, perniziosissimo; perché non quelli che avevano più virtù, ma quelli che avevano più potenza domandavano i magistrati; e gl'impotenti, comecché virtuosi, se ne astenevano di domandarli, per paura. Vennesi a questo inconveniente, non a un tratto, ma per i mezzi, come si cade in tutti gli altri inconvenienti: perché avendo i Romani domata l'Africa e l'Asia, e ridotta quasi tutta la Grecia a sua ubbidienza, erano divenuti sicuri della libertà loro, né pareva loro avere più nimici che dovessono fare loro paura. Questa sicurtà e questa debolezza de' nimici fece che il popolo romano, nel dare il consolato, non riguardava più la virtù, ma la grazia; tirando a quel grado quelli che meglio sapevano intrattenere gli uomini, non quelli che sapevano meglio vincere i nimici: dipoi da quelli che avevano più grazia, ei discesono a darlo a quegli che avevano più potenza; talché i buoni, per difetto di tale ordine, ne rimasero al tutto esclusi. Poteva uno tribuno, e qualunque altro cittadino, preporre al Popolo una legge; sopra la quale ogni cittadino poteva parlare, o in favore o incontro, innanzi che la si deliberasse. Era questo ordine buono, quando i cittadini erano buoni; perché sempre fu bene che ciascuno che intende uno bene per il publico lo possa preporre; ed è bene che ciascuno sopra quello possa dire l'opinione sua, acciocché il popolo, inteso ciascuno, possa poi eleggere il meglio. Ma diventati i cittadini cattivi, diventò tale ordine pessimo; perché solo i potenti proponevono leggi, non per la comune libertà, ma per la potenza loro; e contro a quelle non poteva parlare alcuno, per paura di quelli: talché il popolo veniva o ingannato o sforzato a diliberare la sua rovina.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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