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      Contro alla quale peste non avendo la Nobilità alcuno rimedio, si volse a favorire Silla; e fatto, quello, capo della parte sua, vennero alle guerre civili; e, dopo molto sangue e variare di fortuna, rimase superiore la Nobilità. Risuscitarono poi questi omori a tempo di Cesare e di Pompeio; perché, fattosi Cesare capo della parte di Mario, e Pompeio di quella di Silla, venendo alle mani, rimase superiore Cesare: il quale fu primo tiranno in Roma; talché mai fu poi libera quella città.
      Tale, adunque, principio e fine ebbe la legge agraria. E benché noi mostrassimo altrove, come le inimicizie di Roma intra il Senato e la Plebe mantenessero libera Roma, per nascerne, da quelle, leggi in favore della libertà, e per questo paia disforme a tale conclusione il fine di questa legge agraria; dico come, per questo, io non mi rimuovo da tale opinione: perché gli è tanta l'ambizione de' grandi, che, se per varie vie ed in vari modi ella non è in una città sbattuta, tosto riduce quella città alla rovina sua. In modo che, se la contenzione della legge agraria penò trecento anni a fare Roma serva, si sarebbe condotta, per avventura, molto più tosto in servitù quando la plebe, e con questa legge e con altri suoi appetiti, non avesse sempre frenato l'ambizione de' nobili. Vedesi per questo ancora, quanto gli uomini stimano più la roba che gli onori. Perché la Nobilità romana sempre negli onori cede sanza scandoli straordinari alla plebe; ma come si venne alla roba fu tanta la ostinazione sua nel difenderla, che la plebe ricorse, per isfogare l'appetito suo, a quegli straordinari che di sopra si discorrono.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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