Né mi pare superfluo mostrare, nel seguente capitolo, l'ordine che teneva il Senato per ingannare il popolo nelle distribuzioni sue.
48
Chi vuole che uno magistrato
non sia dato a uno vile o a uno cattivo,
lo facci domandare o a uno troppo vile
e troppo cattivo o a uno troppo nobile
e troppo buono.
Quando il Senato dubitava che i Tribuni con potestà consolare non fussero fatti d'uomini plebei, teneva uno de' due modi: o egli faceva domandare ai più riputati uomini di Roma; o veramente, per i debiti mezzi, corrompeva qualche plebeio vile ed ignobilissimo, che mescolati con i plebei che, di migliore qualità, per l'ordinario se lo domandavano, anche loro lo domandassono. Questo ultimo modo faceva che la plebe si vergognava a darlo; quel primo faceva che la si vergognava a torlo. Il che tutto torna a proposito del precedente discorso, dove si mostra che il popolo, se s'inganna de' generali, de' particulari non s'inganna.
49
Se quelle cittadi che hanno avuto
il principio libero, come Roma,
hanno difficultà a trovare legge
che le mantenghino: quelle che lo hanno
immediate servo, ne hanno quasi
una impossibilità.
Quanto sia difficile, nello ordinare una republica, provedere a tutte quelle leggi che la mantengono libera, lo dimostra assai bene il processo della Republica romana: dove, non ostante che fussono ordinate di molte leggi da Romolo prima, dipoi da Numa, da Tullo Ostilio e Servio, ed ultimamente dai dieci cittadini creati a simile opera; nondimeno sempre nel maneggiare quella città si scoprivono nuove necessità, ed era necessario creare nuovi ordini: come intervenne quando crearono i Censori i quali furono uno di quegli provvedimenti che aiutarono tenere Roma libera, quel tempo che la visse in libertà. Perché, diventati arbitri de' costumi di Roma, furono cagione potissima che i Romani differissono più a corrompersi.
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