E tanto poté questa invidia e questo timore, che non solo i Latini ma le colonie che essi avevano in Lazio, insieme con i Campani, stati poco innanzi difesi, congiurarono contro a il nome romano. E mossono questa guerra i Latini nel modo che si dice di sopra che si muovono la maggior parte delle guerre, assaltando non i Romani, ma difendendo i Sidicini contro ai Sanniti; a' quali i Sanniti facevano guerra con licenza de' Romani. E che sia vero che i Latini si movessono per avere conosciuto questo inganno, lo dimostra Tito Livio nella bocca di Annio Setino pretore latino, il quale nel concilio loro disse queste parole: «Nam si etiam nunc sub umbra foederis aequi servitutem pati possumus etc.». Vedesi pertanto i Romani ne' primi augumenti loro non essere mancati etiam della fraude; la quale fu sempre necessaria a usare a coloro che di piccoli principii vogliono a sublimi gradi salire: la quale è meno vituperabile quanto è più coperta, come fu questa de' Romani.
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Ingannansi molte volte gli uomini,
credendo con la umiltà
vincere la superbia.
Vedesi molte volte come l'umiltà non solamente non giova ma nuoce, massimamente usandola con gli uomini insolenti, che, o per invidia o per altra cagione, hanno concetto odio teco. Di che ne fa fede lo istorico nostro in questa cagione di guerra intra i Romani e i Latini. Perché, dolendosi i Sanniti con i Romani che i Latini gli avevano assaltati, i Romani non vollono proibire ai Latini tale guerra, disiderando non gli irritare: il che non solamente non gli irritò ma gli fece diventare più animosi contro a loro, e si scopersono più presto inimici.
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