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      E perché questo giudizio è notabile, e merita di essere osservato, per poterlo imitare quando simili occasioni sono date a' principi, io voglio addurre le parole di Livio, poste in bocca di Cammillo; le quali fanno fede e del modo che i Romani tennono in ampliare, e come ne' giudizi di stato sempre fuggirono la via del mezzo, e si volsono agli estremi. Perché uno governo non è altro che tenere in modo i sudditi che non ti possano o debbano offendere: questo si fa o con assicurarsene in tutto, togliendo loro ogni via da nuocerti, o con benificarli in modo, che non sia ragionevole ch'eglino abbiano a desiderare di mutare fortuna. Il che tutto si comprende, e prima per la proposta di Cammillo, e poi per il giudizio dato dal Senato sopra quella. Le parole sue furono queste: «Dii immortales ita vos potentes huius consilii fecerunt, ut, sit Latium an non sit, in vestra manu posuerint. Itaque pacem vobis, quod ad Latinos attinet, parare in perpetuum, vel saeviendo vel ignoscendo potestis. Vultis crudelius consulere in dedititios victosque? licet delere omne Latium. Vultis, exemplo maiorum, augere rem romanam, victos in civitatem accipiendo? materia crescendi per summam gloriam suppeditat. Certe id firmissimum imperium est, quo obedientes gaudent. Illorum igitur animos, dum expectatione stupent, seu poena seu beneficio praeoccupari oportet». A questa proposta successe la diliberazione del Senato: la quale fu secondo le parole del Consolo, che, recatosi innanzi, terra per terra, tutti quegli ch'erano di momento, o e' gli benificarono o e' gli spensono, faccendo ai beneficati esenzioni, privilegi, donando loro la città, e da ogni parte assicurandogli; di quegli altri sfasciarono le terre, mandoronvi colonie, ridussongli in Roma, dissiparongli talmente che con l'armi e con il consiglio non potevono più nuocere.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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