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      Occorse poi, nel 1512, che, sendo cacciate le genti franciose d'Italia, Genova, nonostante la fortezza, si ribellò, e prese lo stato di quella Ottaviano Fregoso; il quale con ogni industria, in termine di sedici mesi, per fame la espugnò. E ciascuno credeva, e da molti n'era consigliato, che la conservasse per suo refugio in ogni accidente; ma esso, come prudentissimo, conoscendo che non le fortezze, ma la volontà degli uomini mantenevono i principi in stato, la rovinò. E così, sanza fondare lo stato suo in su la fortezza, ma in su la virtù e prudenza sua, lo ha tenuto e tiene. E dove a variare lo stato di Genova solevano bastare mille fanti, gli avversari suoi lo hanno assaltato con diecimila, e non lo hanno potuto offendere. Vedesi adunque per questo, come il disfare la fortezza non ha offeso Ottaviano, ed il farla non difese il re. Perché, quando ei potette venire in Italia con lo esercito, ei potette ricuperare Genova, non vi avendo fortezza; ma quando ei non potette venire in Italia con lo esercito, ei non potette tenere Genova, avendovi la fortezza. Fu, adunque, di spesa a il re il farla, e vergognoso il perderla; a Ottaviano, glorioso il riacquistarla, ed utile il rovinarla.
      Ma vegnamo alle republiche che fanno le fortezze non nella patria, ma nelle terre che le acquistano. Ed a mostrare questa fallacia, quando e' non bastasse lo esemplo detto, di Francia e di Genova, voglio mi basti Firenze e Pisa: dove i Fiorentini fecero le fortezze per tenere quella città; e non conobbero che una città stata sempre inimica del nome fiorentino, vissuta libera, e che ha alla rebellione per rifugio la libertà, era necessario, volendola tenere, osservare il modo romano; o farsela compagna, o disfarla.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
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