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      Donde che quello, sotto la fede e speranza loro venuto in Italia fu morto da quelli, sendo loro promessa la ritornata nella patria dai loro cittadini, se lo ammazzavano. Debbesi considerare, pertanto, quanto sia vana e la fede e le promesse di quelli che si truovano privi della loro patria. Perché, quanto alla fede, si ha a estimare che, qualunque volta e' possano per altri mezzi che per gli tuoi rientrare nella patria loro, che lasceranno te ed accosterannosi a altri, nonostante qualunque promesse ti avessono fatte. E quanto alle vane promesse e speranze, egli è tanta la voglia estrema che è in loro di ritornare in casa, che ei credono naturalmente molte cose che sono false e molte a arte ne aggiungano: talché, tra quello che ei credono e quello che ei dicono di credere, ti riempiono di speranza talmente che, fondatoti in su quella, o tu fai una spesa in vano o tu fai una impresa dove tu rovini.
      Io voglio per esemplo mi basti Alessandro predetto, e di più Temistocle ateniese; il quale, essendo fatto ribello, se ne fuggì in Asia a Dario; dove gli promisse tanto, quando ei volessi assaltare la Grecia, che Dario si volse alla impresa. Le quali promesse non gli potendo poi Temistocle osservare, o per vergogna o per tema di supplizio, avvelenò sé stesso. E se questo errore fu fatto da Temistocle, uomo eccellentissimo, si debbe stimare che tanto più vi errino coloro che, per minore virtù, si lasceranno più tirare dalla voglia e dalla passione loro. Debbe, adunque, uno principe andare adagio a pigliare imprese sopra la relazione d'uno confinato, perché il più delle volte se ne resta o con vergogna o con danno gravissimo.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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