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      Debbe, adunque, uno principe che si vuole guardare dalle congiure, temere più coloro a chi elli ha fatto troppi piaceri, che quelli a chi egli avesse fatte troppe ingiurie. Perché questi mancono di commodità, quelli ne abondano; e la voglia è simile, perché gli è così grande o maggiore il desiderio del dominare, che non è quello della vendetta. Debbono, pertanto, dare tanta autorità agli loro amici, che da quella al principato sia qualche intervallo, e che vi sia in mezzo qualche cosa da desiderare: altrimenti, sarà cosa rada se non interverrà loro, come a' principi soprascritti. Ma torniamo all'ordine nostro.
      Dico che, avendo ad essere, quelli che congiurano, uomini grandi, e che abbino l'adito facile al principe, si ha a discorrere i successi di queste loro imprese quali siano stati, e vedere la cagione che gli ha fatti essere felici ed infelici. E come io dissi di sopra ci si truovano dentro, in tre tempi, pericoli: prima, in su 'l fatto e poi. Se ne truova poche che abbino buono esito, perché gli è impossibile, quasi, passarli tutti felicemente. E cominciando a discorrere e' pericoli di prima, che sono i più importanti, dico, come e' bisogna essere molto prudente, ed avere una gran sorte, che, nel maneggiare una congiura, la non si scuopra. E si scuoprono o per relazione, o per coniettura. La relazione nasce da trovare poca fede, o poca prudenza, negli uomini con chi tu la comunichi. La poca fede si truova facilmente, perché tu non puoi comunicarla se non con tuoi fidati, che per tuo amore si mettino alla morte, o con uomini che siano male contenti del principe.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
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